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Lettera di Felice Cavallotti

6 giugno 1895

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Felice Cavallotti, amico da oltre vent’anni di Biancheri, scriveva al presidente dimissionario con una lettera ridondante di affetto; era un momento difficile nella vita politica italiana. Biancheri voleva bene a Cavallotti (1) e quando questi morì nel duello col deputato Ferruccio Macola, commemorandolo disse che si trattava di un lutto per la patria, attirandosi le ire di molti, fra i quali Domenico Farini.


Lettera di Felice Cavallotti 6 giugno 1895
 


 

Roma, 6 giugno 1895 (2)

Carissimo Biancheri,

all’amicizia sincera e cordiale durata traverso gli anni e gli eventi, sopravvissuta alle ultime nuvole di dicembre scorso, risuggellato nel vostro ultimo incontro, consentite, all’infuori di ogni preoccupazione politica, lo sfogo di un’anima amica, che apprendendo il vostro nobile proposito di non riassumere, per ora la Presidenza della Camera nelle condizioni attuali, vede a sé risparmiate amarezze profonde. Combattente per indole e per alto sentimento del mio dovere, risoluto a condurre sino in fondo la battaglia per la restaurazione in Italia dell’ordine morale, non avrei certo esitato né indietreggiato nel compimento inesorabile del dover mio, neanche davanti al dolore di trovarmi di fronte a Biancheri presidente della maggioranza e armato dei nuovi poteri regolamentari: non l’avrei compiuto con animo sanguinante. Perciò nei dì passati, io che entrai nella Camera or son 22 anni salutandovi Presidente e incominciando ad amarvi, io che diedi le tante volte il mio povero voto al vostro nome, e mi auguro non lontano il giorno che, superata questa situazione impossibile e rivoltante, lo deporrò ancora con festa e con affetto nell’urna, io dicevo fra me: No, non è possibile che Biancheri dia il suo nome come presidente della Camera a colui che ha legato il proprio all’insulto più sanguinoso che la Camera italiana abbia subito mai! Non è possibile che Biancheri, ultimo fiero teste delle tradizioni gloriose del Parlamento Subalpino, si presti a sbracciarle pei comodi d’un uomo, come se l’orgoglio della nostra tribuna e della nostra storia parlamentare che ha traversato incolume i giorni e più delle patrie sventure fosse qualche cosa di meno geloso dei casi personali di coscienza d’un ministro!

Ecco perché leggendo la notizia del contro proposito, vi ho applaudito: non che l’affetto rinunzi a risalutarvi Presidente ancora – con voi ho cominciato, con voi vorrei spero finire – ma l’affetto mi dice che dopo la relazione del 15 dicembre il vostro posto, oggi, non è là, e si abbandona, pensando il dover che dovrò compiere, all’egoismo di sentirsi una grande amarezza risparmiata.

Leggete queste righe caro Biancheri non coll’occhio dell’amico e gradite i saluti affettuosi del vostro

Felice Cavallotti

(che sarebbe più felice assai se rinunziasse al vizio di dir schietto ciò che sente, ma preferisce essere meno felice così).



(1) Nel fondo Cavallotti della biblioteca dell’Istituto Giangiacomo Feltrinelli a Milano sono custodite nove lettere di Biancheri tra il 1874 e il 1985 (L’Italia radicale. Carteggi di Felice Cavallotti: 1867-1898, a cura di Liliana Dalle Nogare e Stefano Merli, Milano, Feltrinelli, p. 380).
(2) Carta intestata: Camera dei Deputati.



 
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